
La capacità di concepire un figlio non è direttamente proporzionale al saper “essere genitore”. Se tutto si riducesse al confezionamento del prodotto, uomini e donne, sarebbero degli eccellenti operatori del settore nascita.
Ma un figlio, non è solo il risultato di un processo biologico. E’ molto, molto di più.
L’arrivo di un figlio comporta un atto di responsabilità, il riconoscimento di un nuovo ruolo da parte di due individui, padre e madre, e della coppia, che si trovano a svolgere una nuova funzione, compiere delle scelte, elaborare decisioni, individuare obiettivi e traguardi in un ottica comune.
La genitorialità è un processo dinamico rappresentato dalla nascita non solo di un figlio, ma di una nuova relazione e di nuove identità.
La coppia cambia le proprie dinamiche interne, in vista di obiettivi comuni improntati al bene del figlio che deve nascere e che trasformerà la coppia in famiglia.
Papà e mamma devono pensare al tipo di dialogo e di rapporto che vogliono instaurare con il figlio, cioè operare delle scelte sul tipo di genitori che intendono essere.
A volte, condizionati da modelli genitoriali basati sull’imposizione, sulla disciplina dei premi e delle punizioni, o sul soddisfacimento di necessità fisiche e materiali (come il cibo o i giocattoli) si possono perdere di vista l’unicità del figlio che si intende educare e i suoi reali bisogni.
Essere genitori è altro.
Significa accettazione incondizionata dell’altro…"figlio come individuo". In questo consiste il modello di genitorialità rispettosa del bambino, della sua specificità, del suo bisogno di essere riconosciuto nella propria integrità e di essere accompagnato durante la crescita nell’amore, nell’ascolto e nel soddisfacimento dei suoi bisogni emotivi (e non materiali) primari di contatto.
Diventare genitore vuol dire diventare un essere maturo, attento al prossimo, capace di dare e trasmettere quello che ha ricevuto ed elaborato. (M. Andree Bertin)